Sportello Anna C.

Il coraggio di raccontare

Anna C. se n’è andata un giorno di settembre 2015, consegnando l’ultimo respiro di vita a una casa da cui non è riuscita a fuggire, ed è “tornata” 435 giorni dopo: a questa vittima astigiana di femminicidio, il 22 novembre 2016 il Comune ha voluto dedicare lo Spazio Anna C. perché altre donne potessero trovare il coraggio di raccontare.

 

Ora il suo nome è inciso sulla targa all’ingresso di via Natta 3 e soprattutto vive nella scritta sul muro di una piccola stanza: “Anna C. la battaglia contro la violenza alle donne inizia da te”.
Ci passano gli utenti che dalla sala d’attesa raggiungono gli sportelli dei servizi sociali: anche donne che subiscono violenza e forse uomini che la impongono. Sarebbe potuto essere un anonimo punto di transito, è diventato uno spazio che esorta alla riflessione: la violenza è una prigione delle cui chiavi dobbiamo impossessarci per scappare.
In un luogo che vuole essere simbolico non poteva che trovarsi qui, dove transitano ogni giorno vite bisognose di aiuto, la bacheca con le informazioni dei servizi che assistono le vittime di violenza.

Prima ancora degli operatori, fin dalla sala d’aspetto del Segretariato Sociale parlano le immagini. Le giovani mani del Liceo Artistico “B. Alfieri” hanno tracciato altre scritte alle pareti: “apri gli occhi”, “non nasconderti”, “parla delle tue paure”. Per aiutare a comprendere che “quel problema” forse è anche il proprio. E sentire meno la solitudine.
A volte non serve fare la coda in sala d’attesa per arrivare allo sportello e chiedere aiuto. Capita che il personale del Segretariato, presente tra gli utenti, individui una particolare situazione di disagio o che venga avvicinato direttamente dalla donna: allora il percorso di accoglienza cancellerà i tempi di attesa e si raggiungeranno subito gli uffici degli assistenti sociali. Spazi di lavoro dove l’immagine della violenza sulle donne e del riscatto dall’abuso emerge ancora una volta dalle immagini: parlano i muri con fotografie e dipinti che ritraggono la fragilità di chi è stata ferita o la forza di chi ce l’ha fatta a spezzare il silenzio e tornare libera. Segnali di disagio, messaggi di speranza da consegnare a chi cerca aiuto.

E’ in queste stanze che la donna chiede informazioni, racconta di sé, trova sostegno psicologico e legale grazie  al centro antiviolenza L’Orecchio di Venere, di cui lo Spazio Anna C. è divenuto Sportello collegato nel 2019. Se è straniera e ha difficoltà a esprimersi, sarà aiutata dalla mediatrice culturale. Il colloquio con l’assistente sociale servirà a delineare l’ambito di violenza a cui è sottoposta (di quali abusi si tratta, se durano da tempo o si è al primo episodio, chi è il maltrattante, se in passato lo ha già denunciato, se in famiglia ci sono figli, ecc.), fornirle informazioni affinché possa maturare una scelta. O garantirle protezione, attuando procedure e azioni integrate con altri soggetti del territorio, nel caso in cui decidesse di non voler rientrare a casa.

Nel tempo lo Sportello Anna C., attivo nello stesso edificio in cui 43 anni fa è stato aperto il Consultorio familiare pubblico, è cresciuto. Oltre a essere un luogo di ascolto e accoglienza delle persone offese, partendo dalle funzioni proprie del Comune in campo socio-assistenziale ha ampliato l’offerta dei servizi, assicurando un percorso di accompagnamento che tiene conto anche di altri bisogni espressi dalla donna che vuole uscire dalla violenza: una nuova casa o un lavoro. Tante volte insieme ai figli, testimoni diretti del male che può nascere tra le pareti di casa.
Gli operatori attuano il lavoro di rete in due direzioni: verso l’esterno, relazionandosi con l’ospedale Cardinal Massaia, L’Orecchio di Venere, le forze dell’ordine, la magistratura, nei casi in cui la persona offesa abbia bisogno di cure o di protezione dopo la denuncia, e al proprio interno, facendo dialogare i servizi socio-assistenziali a 360°, per una piena presa in carico della vittima di violenza.

La storia dei maltrattamenti in famiglia racconta che molto spesso la donna decide di chiedere aiuto, allontanarsi da casa o fare denuncia quando interviene un episodio più brutale degli altri o che mette in pericolo l’incolumità dei figli. Anche di questi ultimi, persone offese o testimoni di violenza, si occupano gli assistenti sociali del Comune che si relazionano con altri contesti che li accolgono, come la scuola.

“Succede a volte  che, dopo essere venuta qui, la donna decida di rientrare a casa e che lo voglia fare per i figli. Ma che siano proprio loro a opporsi, a non voler tornare. Su questo lavoriamo con le donne perché la violenza assistita è un reato”.

Valeria Pastrone, referente Sportello Anna C.

Non manca per i figli minori, posti in protezione con la mamma, la possibilità di continuare a vedere il papà in un luogo neutro: al centro famiglie Trovamici, sede deputata a questo tipo di servizio, si parla, si gioca e si può anche mangiare insieme una merenda, ma soprattutto si lavora sulla relazione, sugli aspetti della genitorialità perché la violenza coinvolge tutta la famiglia, non solo la parte offesa.
Gli incontri, attivati su disposizione dell’autorità giudiziaria e dei servizi territoriali coinvolti, sono monitorati dall’educatore professionale, presenza discreta ma pronta, nell’interesse del minore, a interrompere il colloquio se il bambino dovesse manifestare segnali di disagio.

 

Regola dello Sportello Anna C., come degli altri servizi che si occupano di violenza, è non promettere nulla alla donna che non si possa mantenere, ma affiancarla in un percorso di autodeterminazione e aiutarla a comprendere che la violenza fa male, non finirà da sola, che l’aiuto dei servizi è essenziale perché le donne possano dare alla propria vita una seconda possibilità, superare la soglia che Anna C. non è riuscita a oltrepassare.