È sorprendente il numero dei partecipanti invitati alla compilazione del questionario in piena libertà e anonimia: ben 5388!
Quale la motivazione?
Due sono le motivazioni che spingono le persone a partecipare a un test o a un questionario: una motivazione intrinseca o una motivazione estrinseca (situazionale, come accade nella ricerca sperimentale in Psicologia Sociale, dove si è usi adottare incentivi o ricompense).
Nel nostro caso, 5388 persone sono state sollecitate da una motivazione squisitamente intrinseca, ossia interna.
È necessario supporre, come dice un noto sociologo, un qualche tipo di corrispondenza tra quello che i soggetti dichiarano e quello che fanno (io aggiungo che farebbero), altrimenti le loro dichiarazioni sarebbero semplicemente inintelligibili. Partiamo dunque dal legittimo presupposto che esista un certo grado di corrispondenza tra atteggiamento e comportamento.
La percezione individuale è la percezione della propria identità, del Sé. Ora, la percezione individuale di ciò che “va bene”, “non va bene”, “non va bene, ma l’accetto” è di grande importanza e stimolo per l’indagine, poiché essa è compresa nella motivazione intrinseca, così come vi è compresa la percezione sociale.
Essendo i principali agenti di socializzazione genitori, fratelli, sorelle, parenti e amici, la motivazione intrinseca parte da lontano. Essa è infatti un derivato remoto e preremoto della infanzia alla quale si aggiungono via via esperienze acquisite nel corso della prepubertà, pubertà e adolescenza. Rientrano altresì nella motivazione intrinseca, di sicuro in abbozzo, atteggiamenti di fondo nei confronti dell’innamoramento, dell’amore, della relazione affettiva e della partecipazione sociale.
Va da sé che, durante l’adolescenza, il processo di socializzazione diventa più diffuso, più complesso, proponendosi a sua volta come un derivato multifattoriale della cultura locale, regionale, nazionale, senza porre in-exergo gli ineludibili effetti “collaterali”, indotti dal crossover delle Autostrade di Internet e della Globalizzazione (si considerino social e video e certe conseguenze degenerative che questi strumenti, se abusati, producono).
Premesso ciò, a mo’ di stringato quadro generale, mi si lasci la scontatezza: la cultura del Piemonte, e più precisamente quella di Asti, non è e non può essere, per ovvi motivi storici, etnologici e climatici, quella di Crotone, che è in Calabria. Ciò detto, è notevole avvedersi che, a dispetto della scontatezza, le percentuali (che sono quelle che contano, al di là del diverso numero dei partecipanti) sono significativamente equivalenti.
Intanto prima di proseguire, pongo una curiosità.
È assai singolare e, per ciò stesso fecondamente significativo, l’incongruente e potrei perfino dire “inopportuno” apporto di partecipanti maschili, dato che il questionario è stato pensato ed elaborato esclusivamente per le donne. Incongruente sì, ma solo in apparenza, giacché nella sostanza veniamo a scoprire come il mondo maschile si atteggi e si comporti a fronte di un questionario che per sua intrinseca logica lo esclude. Ciononostante – guarda il caso- l’ “appetibilità” stessa del questionario li ha spinti a partecipare come per un effetto conativo.
Insisto su questo, giacché è più che evidente in tutti i 10 item che non esista una “Francesca che dica e/o faccia un qualcosa a Luca”… essendo rivolto a donne vi è sempre un “Luca che dice e/o fa qualcosa a Francesca”, dalla quale appunto (e qui sta l’obiettivo del questionario) si attende se “va bene, non va bene, non va bene ma lo accetto”.
L’elemento significativo dell’apporto non richiesto (nella dimensione – ripeto – meramente logica del questionario) sta nell’interessante fatto che i giovani partecipanti con il loro intervento confermano quell’inquietante dispercezione del genere femminile. In ciò non vi è discrepanza o paradossalità: le donne dispercepiscono e i maschi propongono disinvolti proprio quegli atteggiamenti e comportamenti che invece andrebbero percepiti e respinti. E questo soprattutto accade dai 15 ai 17 anni.
A parte i soli due item (seconda e settima domanda), in tutti gli altri rimanenti otto si insinuano in misura minore o maggiore, talvolta con improntitudine evidente, condotte sospette, malevoli insomma inadatte al rispetto delle donne.
Il focus dell’indagine del questionario sta nell’appurare se e in che misura l’universo femminile giunge a percepire quegli elementi disadattivi, precursori di attuali, ma – e soprattutto – futuri presagi di maltrattamenti psicologici che potrebbero incrementarsi ed estremizzarsi sino alla violenza oltre che psicologica (intimidazioni, ingiurie, insulti, accuse, denigrazioni e minacce) anche fisica generando la cosiddetta Sindrome della Donna Maltrattata: stati d’ansia, sintomi psicosomatici, disistima, isolamento, perdita del senso di sé e depressione.
Si prenda in esame la fascia di età che va dai 15 ai 18 anni (la più significativa per il nostro proposito) e si metta da parte la fascia che va dai 19 ai 20 anni (e questo per il visibile decremento partecipativo a domande specificamente cruciali, sol perché soggetti più maturi, che per ciò stesso respingono quegli item, che per l’appunto vanno respinti).
Orbene, le percentuali che hanno più significatività per l’obiettivo del nostro questionario non sono quelle che svettano in abbondanza per il “non va bene” (il che consola), bensì quelle relative al “va bene” e al “non va bene, ma lo accetto”.
Sulla base di tale criterio, scopriamo che vi è una purtroppo significativa percentuale piuttosto inquietante, perché pare che l’universo femminile non pensi alle conseguenze a lungo termine. Le risposte sembrano infatti limitate al qui e ora, il che, per certi versi costituisce un preoccupante aspetto, coagulato e giustificato al tempo stesso, poiché paradigmatico di buona parte delle nuove generazioni in quanto che esse, che piaccia o no, rappresentano il riflesso dello spettro dell’attuale cultura, iniettrice di promozioni atte a elicitare conativamente e in abbondanza il consumo di nuove esigenze e costumi sociali: la cultura dell’Immagine, della Velocità e del Piacere Immediato.
Va inteso anche che un pubblico di quindicenni (ovvero in un’età in cui si brancola e si emula la diva di turno o chiunque), ossia di ragazze appena giunte alla soglia dell’adolescenza, difetta ancora di risorse cognitive ed esperienziali, nonché capacità e maturità di giudizio non acquisibili in fasi precedenti, come pure la sensibilità necessaria per percepire nella giusta luce e di conseguenza fiutare le cupe icone sottese alle domande del questionario.
Fidarsi dei soprassalti di ansia a fronte di una condotta verbale e/o paraverbale del partner è cosa assai sana, soprattutto se subito dopo si evocano quelle risorse cognitive e ragionative sì da avvertire, e non solo più vagamente intuire, il campanello d’allarme, ossia la materia di violenza che il partner sta trasmettendo. Solo così ci si può prendere le distanze.
Credo, a tal proposito, che occorrerà un adeguato lavoro di sensibilizzazione da parte degli enti preposti a tali necessità, sì da aiutare le donne a scollarsi sempre più dalla Storia e dai segnali sconcertanti che l’uomo di oggi, l’uomo moderno, ancora sèguita sottilmente o in modo conclamato a perpetuare il suo ruolo.
E’ augurabile, sensibilizzando vieppiù anche i giovanissimi, che questo pluriennale schema di inutile signoreggiare sulla donna scemi fino a polverizzarsi così da avvicinarsi a un nuovo modello della coppia uomo-donna, fatto di rispetto, presupposto questo per accogliere le ansie e i limiti del partner. Solo così, io credo, la donna, idealmente, non più vessata, intimorita, potrà esprimere appieno le sue risorse e creatività, magari lasciando stupito quel partner che fino a tempo addietro non poteva per ragioni storico-culturali, forse suo malgrado, credere nella magia della donna che unita a quella sua dà un senso diverso e nuovo al loro fecondo agire, al loro stare insieme.
dott. Pellegrino Delfino, psicologo e psicoterapeuta
consulente del progetto SOS donna