Può succedere a chiunque

Se lo racconto è perché potrebbe succedere a chiunque.
La mia vita è andata in pezzi intorno ai 50 anni. Una vita agiata, una buona professione, un paio di viaggi all’anno, un solido conto in banca. Figlia con spiccate vocazioni indipendenti e un marito molto stimato nel suo lavoro. Spesso critico contro qualcosa o qualcuno, a tratti rabbioso, ma a parole, e tutto finiva lì.
A un certo punto le cose sul lavoro, per lui, cominciano a essere problematiche e il nervosismo, a casa, si fa continuo. Mia figlia insiste per fare un’esperienza all’estero dopo la maturità. Lui trova mille ragioni per dire di no, non vuole lasciarla libera, lei soffre, lui s’irrigidisce e s’incaponisce nel rifiuto. Sulle prime assisto incredula a questo suo cambiamento, che imputo ai problemi sul lavoro, cerco di parlargli, bisticciamo. Mi metto a mediare tra lui e mia figlia, infine mi schiero con lei e dichiaro che sono disposta a mantenerla da sola all’estero. Questo lo fa maledettamente infuriare, però dopo un lungo braccio di ferro mia figlia può partire.
A casa il gelo. Un sabato sera arrivo a casa in ritardo dal lavoro e siamo costretti a far saltare l’appuntamento al cinema con una coppia di amici. Mi rinfaccia che l’ho fatto apposta. Parte il primo schiaffo della nostra vita insieme e non arrivano nemmeno le scuse. Si fa vedere offeso per un po’, lui! Io mastico amaro, ma cerco di passarci sopra.
Ogni volta che telefona mia figlia per me è peggio. Diventa irascibile, vendicativo. Mi accusa di essere la causa dei suoi nervosismi e tutto questo lo dice senza alzare la voce perché i vicini non devono sentirci. Non tarda a picchiarmi. Dopo le prime volte, per evitare di lasciarmi i lividi, prende l’abitudine di tirarmi per i capelli o di battermi sulla schiena, per due volte mi costringe a stare per ore sul balcone, d’inverno, perché sa che non chiederò aiuto: per non fare brutta figura con i vicini.
Una domenica, dopo essere tornati a casa da messa, mi chiude in cantina fino a sera. Io non riesco più a dormire, dimagrisco a vista d’occhio. Dopo sei mesi così non ce la faccio neanche a parlare con mia figlia, non rispondo alle sue telefonate, quando chiama scongiuro mio marito di dire che non sono in casa. Tutto questo la mette in allarme.
Torna a casa, senza dire niente, e viene a prendermi al lavoro. Quasi non mi riconosce. Andiamo in un bar, cedo e le racconto tutto. Piangiamo insieme. Le spiego che non ho il coraggio di lasciare la casa, di lasciare mio marito, non ho più la forza di fare niente. Organizza tutto lei in poche ore.
La sera dice a suo padre: “So quello che hai fatto alla mamma. Non potrò mai perdonartelo. Ce ne andiamo subito, staremo dalla zia. Non provare a cercarci, altrimenti ti denuncio io: e poi vediamo cosa diranno di te”. Io ascolto tutto come se non fossi lì, come se fosse un film. Ma poi mi muovo.
La valigia è pronta.
Dopo qualche mese ammetto che non posso tornare indietro.
Vado con mia figlia, che ha rinunciato ai suoi sogni all’estero, dall’avvocato a dirgli che intendo avviare la separazione.